Pirandello e i Giganti, un mistero da svelare
Pierfrancesco Giannangeli, «Hystrio», ottobre-dicembre 2020.
La grandezza del teatro di Luigi Pirandello si misura attraverso la capacità dei testi di saperci parlare e interrogare ancora oggi. Quella dell’autore è una riflessione, per larga parte ancora insuperata, sull’uomo, sulle sue contraddizioni, sui suoi tormenti, sul suo posto nel mondo come unità facente parte di un tutto con cui si relaziona (proprio all’interno del concetto di relazione si innesca la miccia che fa esplodere il dramma). In alcuni casi, poi, tali forme di interrogazione sul senso dell’umano sono ampliate dal sottofondo di mistero, di non svelato, che avvolge il testo, spesso in grado di coinvolgere il lettore in rimandi da capogiro. Su uno dei testi più misteriosi di Luigi Pirandello, l’incompiuto Giganti della montagna, si confronta uno studioso del calibro di Paolo Puppa con questo Fantasmi contro giganti, frutto di uno sviluppo organico di un saggio degli anni Settanta. L’aspetto più evidente di questo studio è la complessità del problema, che viene affrontato in un gioco di rimandi che coinvolge tutta la produzione dello scrittore siciliano, non solo teatrale, ma a partire dal capolavoro dei Sei personaggi, attraverso una scrittura altrettanto felicemente complessa, che proietta nell’affascinante turbinio della fertile mente pirandelliana.